L’uso di locuzioni quali “emergenza prolungata” e “crisi dimenticata” da parte dei principali donatori internazionali basta già a dare una chiara fotografia della situazione dei Campi dei Rifugiati Sahrawi.
È la crisi umanitaria di un popolo che vive in esilio in una striscia di deserto dell’Algeria, in tende e case di mattoni di argilla, da quasi 50 anni. Un popolo che vive così dal 1975, da quando la decolonizzazione incompiuta da parte della Spagna ha lasciato il Sahara Occidentale alle mire espansionistiche del Marocco, nonostante numerose risoluzioni delle Nazioni Unite indicassero il referendum come passaggio fondamentale per l’esercizio del diritto all’autodeterminazione della popolazione. Ancora oggi, malgrado il Consiglio di Sicurezza dell’ONU rinnovi ogni anno il mandato della Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO), tale referendum rimane lettera morta.
In questi decenni il Popolo Sahrawi non ha mai avuto accesso alle risorse delle proprie terre occupate.
Secondo la stima del 2018 dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) nei Campi di rifugio a sud ovest dell’Algeria 173.600 persone vivono esclusivamente degli aiuti umanitari e della solidarietà internazionale, che anno dopo anno diminuiscono drasticamente.
Ciclicamente questa situazione di rifugio e dipendenza prolungata si somma ad altre crisi umanitarie, economiche e ambientali che, in quanto emergenze internazionali, ulteriormente pressano la disponibilità degli aiuti dei donatori internazionali: Nazioni Unite, Unione Europea e singoli governi.
Nei primi sei mesi del 2022 i finanziamenti internazionali ai rifugiati saharawi sono diminuiti di quasi il 20% rispetto allo stesso periodo del 2021, aggravando la crisi e aumentando la fragilità della popolazione, soprattutto in termini di sicurezza alimentare*.
A fine agosto 2022 l’UNHCR ha lanciato un appello insieme alle altre agenzie operanti dei Campi dei rifugiati, al Programma alimentare mondiale (PAM) e al Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), per segnalare il deterioramento della situazione nutrizionale dei rifugiati sahrawi. Le razioni mensili salvavita sono state ridotte del 75%: 5kg di razioni al mese anziché 17kg per persona per mese, ovvero meno della metà dell’assunzione giornaliera raccomandata di calorie per persona.
In questa tragica situazione, i bambini e le bambine di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni sono tra i più fragili, in costante peggioramento. Se nel 2019 erano il 7,6%, oggi i bambini sahrawi malnutriti sotto i 5 anni che rischiano la vita sono il 10,7%**.
La metà dei bambini sotto i 5 anni ha problemi di anemia, un bambino su tre è rachitico e solo uno su tre ha ricevuto dalla nascita la dieta minima e diversificata di cui aveva bisogno per crescere e svilupparsi in modo sano.
Il CISP è impegnato nei Campi Sharawi da decine di anni, con interventi che vanno dalle distribuzioni alimentari a progetti di educazione nelle scuole.
Per monitorare le criticità di vario genere e natura emerse nel tempo, il CISP e la Mezza Luna Rossa Saharawi hanno ideato nel 2010 il Post Distribution Monitoring (PDM), un sistema di monitoraggio della qualità e quantità delle distribuzioni di aiuti umanitari, iniziato con i generi alimentari ed esteso poi anche alla logistica (vestiti, tende, equipaggiamenti per case e servizi).
A fotografare la situazione alimentare nei campi è stato formato un team di donne che di casa in casa verifica la qualità, la quantità degli aiuti ricevuti e la garanzia del livello nutrizionale di base. Le donne Sahrawi sono attivamente coinvolte nella gestione dei Campi e hanno un forte ruolo decisionale in vari aspetti della società e della vita familiare. Qui la maggior parte dei capifamiglia sono donne (95%) e in quanto tali sono responsabili della ricezione del cibo e detentrici del diritto alimentare della famiglia.
Il sistema di monitoraggio si basa su indagini a campione da effettuare nelle famiglie dopo le distribuzioni mensili di beni realizzate da 30 donne saharawi fornite di tablet e collegate in rete. In breve, si tratta di uno strumento di rilevazione di dati e informazioni mediante un data base che fornisce un quadro sull’adeguatezza e il gradimento degli aiuti ricevuti da parte dei beneficiari. Iniziato come un progetto pilota, il PDM è ora riconosciuto come valido strumento dal Programma Alimentare Mondiale, dall’ Ufficio Umanitario dell’Unione Europea, dalla Cooperazione Spagnola e da molte ONG partner che operano sul territorio.
Il metodo si basa sul ruolo attivo dei beneficiari diretti, valorizzando le loro percezioni e valutando gli aiuti ricevuti al fine di migliorare l’aiuto erogato.
Inoltre il team di monitoraggio realizza focus-group mensili con i beneficiari dei progetti nel cui ambito è inserito questo servizio.
In uno scenario di emergenza cronica e di sopravvivenza messa a dura prova, la capacità di resilienza delle donne saharawi emerge in maniera evidente. Il CISP, insieme ai partner locali, è da sempre impegnato a cogliere e rafforzare le capacità locali e in questo intento le donne sono certo protagoniste.
*Comuicato del Consorzio delle ONG che lavorano nei Campi dei Rifugiati Sahrawi (ottobre 2022)
**Risultati preliminari dell'indagine congiunta UNHCR/WFP sulla nutrizione condotta nei Campi nel marzo 2022